OLTRE IL VACCINO

Ansia da Coronavirus
Qualcuno forse si era illuso che il decreto governativo di qualche giorno fa fosse l’ultimo. Invece no, non è così e ne verranno altri. Non sappiamo quanto tempo dovrà ancora passare prima che sia finita con questo Coronavirus. E poi? Sarà davvero finita?
Al momento non ci resta altro che ascoltare l’alternarsi continuo e noioso di virologi, epidemiologi e politici. Non ci sono vie di scampo. Ormai la nostra libertà, i nostri movimenti e comportamenti dipendono esclusivamente da loro, almeno fino a quando non si arriverà obbligatoriamente al fai-da-te. Questo segnerebbe la fine della lunga sopportazione.
Di Coronavirus si parla ovunque. Lo si sente e lo si percepisce in ogni luogo; è diventato un pensiero fisso, una ossessione, non dà tregua. Lo si pensa tra le cose, nel cibo, nell’abito, in auto, libero nell’acqua e nell’aria. Ricorda l’Immenso, il Dio nel mondo dello spirito, in cielo e in terra, come insegna il catechismo della fede cristiana: “S’io cammino o riposo, tu mi osservi tu consideri tutti gli atti miei” (Sal 139,3).
Alla scienza non è sfuggito il Coronavirus e pare abbia capito modi e rimedi per togliercelo di torno: guanti e mascherina nell’attesa dell’invincibile vaccino. Dobbiamo crederci? O sarà come la scoperta dei due scienziati che solo qualche anno addietro hanno fatto sapere al mondo, destando non poco clamore, che il cancro è dovuto alla sfortuna. Tutto è possibile. Speranza vuole che prima o poi l’intruso potrebbe andarsene anche da solo. Prima o poi arriveremo a togliercelo dai piedi, più difficile sarà dalla testa.
La gente si è ammalata anche di Coronavirus. Non “a causa”, ma “anche” di Coronavirus. Un po’ di precisione tra tanta confusione non guasta, alfine di evitare di ripetere quanto successo con i numeri giornalieri dei deceduti per contagio e altre cause, messi insieme, come avviene con i morti sepolti in fosse comuni.
Erich Fromm in “Psicanalisi della società contemporanea” ha fatto una supposizione: “Supponiamo che nella cultura occidentale il cinema, la radio, la televisione, gli avvenimenti sportivi e i giornali siano sospesi per quattro sole settimane. Chiuse queste diverse vie di evasione, quali sarebbero le conseguenze per questa gente ridotta solo alle proprie risorse? Indubbiamente, seppur in così breve tempo si registrerebbero esaurimenti nervosi a migliaia e ancor più sarebbero le persone che cadrebbero in un stato d’ansia acuta non diverso dal quadro clinico di una nevrosi. Se fosse tolto il narcotico contro la deficienza sanzionata, le malattie si manifesterebbero apertamente” (Op. cit. P. 25).
Con queste parole Fromm spiega come la cultura fornisce alla persona le strutture necessarie per vivere. L’ansia è il problema. Oggi la gente sconvolta dal frastuono creato dall’epidemia, per non morire d’ansia, vuole tornare alle occupazioni di prima, buone o cattive poco importa, pur di muoversi, lavorare, trascorrere il tempo libero come era sua abitudine.
Quando per combatterlo si impongono delle limitazioni severe (restare a casa, non formare gruppi, teatri e chiese chiuse o divieti in altri luoghi) vuol dire che la ragione è grave, sicuramente preoccupante, da non sottovalutare. La gente si organizza, ma con angoscia e paura. In passato spaventavano le guerre; il nemico si conosceva, lo si affrontava o si fuggiva.

Le difese dell’organismo
Il nostro caso è diverso perché il nemico non si vede; del Coronavirus si conosce ancora troppo poco, dunque non è facile sfuggirlo né colpirlo. L’arma più potente e sicura che disponiamo sta in noi: è il nostro apparato di difesa, il sistema immunitario, l’apparato che difende l’organismo dalle aggressioni esterne (batteri, funghi, virus, ecc.) e questo non deve cedere, piuttosto rafforzarsi. Quando il corpo è debole, sofferente o ha l’animo sconvolto dalla paura, odio, rancori e invidia impoverisce le sue difese. Diversamente, quando è in salute, ha pensieri positivi e spirito costruttivo le difese si rafforzano.
La cosa grave è che in questo gran chiasso combinato da scienziati, medici e opinionisti non si capisce come realizzarlo.
I microrganismi che infettano il corpo, tessuti e cellule, si formano dalla putrefazione della sostanza animale, si trasmettono dagli animali alle persone, nelle cellule si riproducono e causano malattia. Nell’ambiente esterno infettano cose, animali e piante.
Le difese corporee si realizzano mantenendo l’intero ambiente organico igienicamente sano. Non può essere diversamente. Una macchina con il motore inceppato non sa che farne della benzina, se per prima cosa non si toglie l’ostacolo che la blocca. Similmente è il nostro caso: non bastano integratori o apportare sostanze vitaminiche se prima non si risana l’ambiente interno.
Risanare vuol dire disintossicare, bonificare, ricrearsi, rinnovarsi nel corpo e nella mente. Questo è il terreno al quale si riferiva Pasteur, padre della moderna microbiologia: “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. In questo sta il vero cambiamento del quale troppo poco si parla.
Un sistema immunitario efficiente si ha quando l’organismo è in salute. La via per recuperarla o mantenerla non è mai una sola , ma sono diverse. In tutti i casi dovrà trattarsi di percorsi naturali, non artificiosi o cosparsi di tossici. Le tossicità avvelenano il corpo, la mente e lo spirito.
“ In tutti gli esseri viventi l’ambiente interno, che è un prodotto vero e proprio dell’organismo stesso, mantiene dei rapporti obbligati di scambio e di equilibrio con l’ambiente fisico esterno” ( C. Bernard, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, I – P. 87).
La qualità dell’aria, l’acqua, il cibo, i servizi influenzano inevitabilmente la salute quanto l’egoismo, i sentimenti, l’amore. La condizione di benessere psicofisico individuale deve coesistere con una soddisfacente condizione di vita ambientale, materiale e spirituale, comportamenti che le esigenze consumistiche, le convenzioni, i ritmi frenetici e incessanti che caratterizzano la vita delle società moderne impediscono.
L’artificioso corrompe l’armonia e lo sviluppo dell’individuo e altera le funzioni del corpo e dell’ambiente esterno; da qui prende forma e inizia il degrado, la disarmonia, la putredine, la malattia e tutti i suoi agenti scatenanti.
“Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati” (Papa Francesco, Laudato sì, p. 35).
In queste parole non si intravvede qualcosa che interessa la qualità della nostra vita? Anche la persona più semplice e umile mette in relazione il degrado naturale con il “progresso” dell’uomo.
Da più di due secoli, dal tempo della prima rivoluzione industriale, l’uomo tende verso un progresso rapido, incontrollato e irrazionale, tale da produrre conseguenze disastrose: inondazioni, alluvioni, uragani, terremoti, smottamenti di aree montagnose, siccità, bacini idrici, viadotti e strade che cedono alla forza delle acque. Fatti che si susseguono l’uno all’altro; eventi che fanno pensare all’incuria, a un cattivo uso delle scoperte della scienza, a una idea di progresso sbagliata. Sono avvenimenti che inducono a pensare e riflettere sulla vita e le ambizioni umane.
Oggi aggiungiamo a questi una pandemia dai caratteri alquanto strani che fanno pensare a un evento artificioso, una specie di maledizione, poiché in alcune aree dei continenti la gente vive senza particolari norme di comportamento mentre in altre, come da noi, è costretta a divieti e privazioni della libertà che limitano fortemente la persona.

Il problema vaccinale
La politica quando va a braccetto con la scienza è pericolosa. All’arroganza dell’una fa eco il dispotismo dell’altra. Oggi, tempo di Coronavirus, si torna a parlare di obbligatorietà ai vaccini e non sembra proprio una diceria.
I virologi più illustri o di copertina dicono che tutti dobbiamo vaccinarci. Ciò significa che nessuno più potrà salire sul bus, fare la spesa o andare al ristorante se non ha con sé un documento che attesti l’avvenuta vaccinazione imposta dalla legge. Cosa anomala, ma necessaria si dice, per “prevenire” eventuali malattie. In pratica non si potrà più nascere e vivere senza vaccinazioni.
Le parole sono le stesse di cent’anni fa, ma il significato a volte appare diverso, cambia per adattarsi alla modernità. Infatti tra le nuove parole più in uso, che politici, giornalisti e commentatori sfornano volentieri per dar sfoggio del loro sapere sono: streaming, road map, smart working, bournout, lockdown, shopping e molte altre (parole sgradevoli che guastano il suono, l’armonia della nostra lingua) sono parole che non tutti conoscono, non si trovano nel nostro vocabolario e pertanto possono non avere sempre lo stesso significato. La parola prevenzione invece non ha altri significati oltre il suo. Ciononostante si lascia intendere che vaccinare significa prevenire e star bene voglia dire curare il male e non la salute.
Prevenire, si legge nel vocabolario Treccani vuol dire precedere altri arrivando prima alla meta, ossia mettere in atto azioni e comportamenti affinché ciò (il male) non avvenga.
Di tangenti, scambi di favori, corrotti e corruttori non teniamone conto. Consideriamo piuttosto i bambini che fin dalla nascita si trovano a vivere in un ambiente inquinato, antigienico, artificioso, saturo di sostanze chimiche, in definitiva malsano e come non bastasse avvelenano il loro corpo con svariate dosi di vaccino.
Diffusa è la conoscenza che le malattie dell’infanzia non sono state eliminate migliorando le condizioni igieniche di vita, ma attraverso le pratiche vaccinali.
Le statistiche più attendibili relative alle malattie infantili nei diversi paesi, dimostrano invece altro: le regressioni delle malattie erano già in atto già prima del ricorso al vaccino. Le curve delle statistiche alle quali faccio riferimento si trovano nel libro di Fernando Delarue, L’intossicazione da vaccino, Ed. Feltrinelli. Nel libro sono raccolti i dati della situazione francese i quali messi a confronto con quelli di altri paesi dove le vaccinazioni non erano obbligatorie, non evidenziavano una significativa differenza. Altre fonti ricche di informazioni e dati si trovano nel libro di Leon Chaitow, I pericoli della vaccinazione e le possibili alternative, IPSA Editore; e in Der Geshundheitsberater, periodico tedesco 8/88.
Un esempio significativo si ha osservando le curve della tubercolosi nei diversi stati. In tutti i grafici si nota che la mortalità regredisce con andamento uguale prima e dopo la scoperta del bacillo di Koch (1882); inoltre si osserva lo stesso andamento delle mortalità dopo il 1970, anno di introduzione dell’obbligatorietà del vaccino.

I fratelli Tremante
Quando mi trovo ad ascoltare pareri o commenti sulle “Vaccinazioni” mi torna prepotentemente alla mente la storia dei tre fratelli Tremante, figli del caro amico Giorgio. Due dei tre morti da vaccino e il terzo, Alberto, rimasto invalido sempre per la stessa causa.
Dieci anni dalla morte del primo, muore uno dei due gemelli; per entrambi le prime reazioni sono iniziate pochi giorni dopo l’inoculazione del vaccino. Il caso di Alberto ha avuto un altro esito: le ricerche passate dal piano neurologico a quello immunologico accertavano una carenza delle difese immunitarie. La diagnosi eseguita dal prof. G. Tarro professore di virologia all’Università di Napoli accerta: “sindrome paralitica associativa con neuropatia degenerativa e risposta infiammatoria gliale e vascolare su base probabilmente immunoallergica”.
Le diagnosi dei primi due figli compilate dai diversi specialisti sono risultate sempre diverse tra loro: encefalopatia degenerativa, distrofia muscolare neurogena, tumore cerebrale. Le manifestazioni iniziali sono state anche uguali: tremore agli arti, sensi di vomito, deambulazione incerta. Per Andrea, uno dei gemelli, la perizia necroscopica definiva la malattia come sindrome di Leigh.
Per i tre figli di Tremante è stata una continua e instancabile lotta per accertare la vera causa delle morti e della paralisi di Alberto. Solo dopo una ricerca epidemiologica che è stata possibile prelevando un frammento del tessuto muscolare di Alberto ha rivelato la presenza di ceppi virali attenuati simili a quelli contenuti nei vaccini.
Per chiarire le malattie e le morti dei figli i genitori Tremante hanno interessato il Presidente della Repubblica di allora Sandro Pertini. Il ministro della sanità Renato Altissimo aveva provveduto a formare una apposita Commissione Ministeriale per esaminare il caso in modo scientifico. Era stata programmata una ricerca epidemiologica nella città, prelievi sui genitori, ad alcuni parenti e a due gruppi di bambini, maschi e femmine. Una ricerca scritta nelle sue parti, ma mai realizzata.
L’esperienza Tremante ha messo in luce l’importanza delle difese immunitarie per il soggetto che si sottopone alla terapia vaccinale: l’immunodeficienza potrebbe essere fatale.
La città di Verona ha dedicato uno spazio verde a ricordo dei fratelli Tremante, ma nessun altro riconoscimento hanno ottenuto i genitori dallo Stato.
La tristezza che lascia questo ricordo è grande e fa molto meditare.
                                                                                                                                                     armidochiomento@gmail.com