QUEL FIL DI FUMO

Il fumo può uccidere riportano a grandi caratteri le scritte sulle confezioni di tabacco.

E’ scritto a caratteri grandi affinché si legga bene quel “può uccidere”. Ma a quanto pare non è bastato e non basta, non spaventa nessuno o sono pochi a crederci.

Nei paesi occidentali o industrializzati come il nostro, il tumore al polmone è la prima causa di morte. A soffrire di questa malattia sono circa 380.000 persone; inoltre, i dati evidenziano tra gli uomini una leggera diminuzione e nelle donne un aumento.

In generale i fumatori conoscono  i rischi, ma una parte di loro sostiene che la sigaretta non produce solo male, ma può aiutare a scaricare le tensioni, il nervosismo, a ridare la calma e vincere i disagi. In verità non è così; l’atteggiamento del fumatore quando fuma, solo apparentemente è tranquillo, in realtà è un modo subdolo che mantiene e aumenta l’eccitazione nervosa, un modo per giustificare e rassicurare se stesso; in fondo si tratta di un’abitudine che non merita essere così tanto osteggiata.

La storia del tabacco è lunga. I popoli precolombiani fumavano per scopi rituali già 5 o 6000 anni fa. Diversi monumenti maya (1500 a.C. – 250 d.C.) riportano sacerdoti con sigari in bocca. I marinai di Cristoforo Colombo quando sbarcarono sull’isola di San Salvador (1492) incontrarono indigeni che tenevano tra le labbra foglie di vegetale arrotolate dalle quali aspiravano fumo. Questi e altri simili comportamenti collegati al fumo hanno interessato popoli di civiltà diverse e tra loro lontane.

Forse la pratica del fumo è nella natura dell’uomo. Attraverso il fumo le popolazioni tribali invocavano soccorso alle divinità con preghiere propiziatorie per ottenere piogge o siccità. Le preghiere rivolte verso il cielo, sede degli dei, esprimevano il loro desiderio; accompagnate da nuvolette di fumo sembravano congiungere l’umano al divino.

Seduti attorno al fuoco le popolazioni amerinde fumavano il calumet della pace. I sacerdoti e gli stregoni

delle popolazioni tribali e i loro presenti, durante le cerimonie aspiravano fumo da pipe, foglie arrotolate o

canne per sospingerlo meglio verso l’alto per favorire l’intercessione degli dei.

Indubbiamente fumare è una pratica che può dare piacere, ma può esser causa anche  di conseguenze

inebrianti.

La nocività del tabacco dipende dalle caratteristiche della pianta e dai processi di lavorazione delle foglie essiccate. Inoltre, altre trasformazioni avvengono quando le foglie sono fumate.

Per l’insieme di questi processi  il fumo è gravemente dannoso. Si accompagna con migliaia di componenti tossici molti dei quali sono cancerogeni. Introdurre dunque nell’organismo queste sostanze non è certo esempio di saggezza.

I danni da fumo interessano, non solo l’apparato respiratorio, ma anche altre funzioni dell’organismo. Nei vasi produce effetti di vasocostrizione ai quali consegue ipertensione e disturbi cardiocircolatori, infarto e soprattutto infiammazioni alle vie respiratorie procurando tosse, bronchiti e polmoniti.

Nella donna la sigaretta è indice di affrancamento, emancipazione, distinzione e sicurezza. Per contro però l’abitudine al fumo invecchia la pelle, la rende asfittica e rugosa; l’alito diventa cattivo, i denti ingialliscono e la voce si fa roca. Il fumo inevitabilmente è un implacabile nemico della bellezza e raffinatezza femminile.

Il desiderio della donna di affrancarsi, imitare l’uomo dimostrando una disinvolta superiorità la fa sentire libera da asservimenti e sottomissioni; in realtà può dire di aver tradito la sua femminilità, infatti troppo spesso si trova a compiere lavori pesanti, trascurare i figli e far uso di espressioni e parole volgari.

Purtroppo la donna non sembra essersi ancora accorta del cammino tortuoso e pericoloso dell’uomo e del suo ambizioso e sciocco protagonismo. Se è vero che la speranza non muore, non con l’imitazione, ma ravvedendosi può ancora riprendere la sua dignità e rinnovare l’ambiente umano, dominare le prepotenze e l’aggressività maschilista sempre più brutale e disumana.                                                                                                 armidochiomento@libero.it

Spunti dal Capitolo dedicato alla respirazione in “La semplicità perduta”, archioedizioni@libero.it