La Forza Vitale
“Miglior vista senza occhiali” è il titolo di un libro di Harry Benjamin. L’autore mediante semplici descrizioni e con l’ausilio di qualche figura spiega il suo metodo per recuperare il calo della vista, da lui stesso applicato con successo. Il metodo sembra essere una derivazione del più famoso sistema Bates. Un mezzo indubbiamente naturale, semplice ed efficacie. Sostanzialmente, consiste nella correzione di alcuni errori alimentari (assunzione eccessiva di zuccheri e cattive associazioni di alimenti), esercizi di riposo visivo, rilassamento muscolare e bagni di luce.
La facilità del metodo ha invogliato ad applicarlo molte persone, specie quando la persona si scopre con una vista non più nitida e l’uso degli occhiali diventa necessario, fino a costituire in molti casi una dipendenza e limitazione vissute come fastidio o impaccio alla propria libertà.
Procedendo con costanza con la pratica degli esercizi consigliati nel libro di Benjamin, i tempi dell’accomodamento oculare diminuiscono e indubbiamente la qualità della vista migliora.
Questa esperienza porta a pensare alle nuove forze che hanno prodotto il miglioramento della vista ricevute attraverso il cibo, dal riposo, dal rilassamento muscolare e dagli agenti naturali.
Un altro caso apparentemente altrettanto insignificante è quello di Tony Scott (nome d’arte), celebre famoso musicista italoamericano, morto a Roma nel 2007 all’età di 86 anni.
L’ultimo anno di vita di questo straordinario artista è stato di grande sofferenza fisica e di forti dolori in varie parti del corpo. Ciononostante, solo alcuni mesi prima della sua morte, T. Scott ha tenuto il suo ultimo concerto in una sala affollatissima con un entusiasmo e una energia che non mostrava da molto tempo.
Indubbiamente quest’uomo vantava una fibra straordinariamente robusta. Chi l’ha conosciuto conosceva le sue inesauribili energie soprattutto quando si esercitava nella musica o nel suo hobby della pittura; proprio nell’arte mostrava una vitalità che sembrava inesauribile e quanto una passione o desiderio riesca a stimolare e sostenere la vita.
Come i benefici alla vista, ottenuti con l’applicazione del metodo Benjamin, così il caso Scott stimola la ricerca delle forze che come d’improvviso agiscono in noi. Due casi, come tanti altri, che animano e sostengono il corpo, la volontà di fare e pensare, e di continuare a operare.
La sola materia per quanto possa essere ordinata e armoniosa non basta ad attivare azioni e espressioni di vita. Affinché essa possa agire e operare essa ha bisogno di un impulso vitale capace di indirizzare verso il fine desiderato. Questa impulso o forza è invisibile, dunque non facilmente spiegabile o definibile.
Dai tempi più remoti a oggi, questa forza di vita è stata denominata in vari modi: Prana dalla religione induista, Vis medicatris naturae dalla scuola ippocratica, Soffio vitale da Platone, Archeo da Paracelso, Orgone da Wilhem Reich.
Questa Forza invisibile che sostiene tutti gli organismi viventi è definita “vitale” perché appartiene alla Natura, alle stesse energie universali o cosmiche che governano la vita, mantiene l’armonia del creato ed è il principio costitutivo del mondo e dell’uomo; si spande in tutti i tessuti particolarmente nel sistema nervoso e riproduttivo. È presente nella formazione della materia e nelle sue mutazioni; è la forza che mantiene la stabilità e l’ordine con l’interazione di forze tra loro opposte: caldo-freddo, giorno-notte, odio-amore, partecipazione-indifferenza, bene e male.
Di fronte all’organizzazione di vita delle api si resta sbalorditi nell’osservare la costruzione delle loro cellette, tutte perfettamente uguali, esagonali, realizzate senza ragionamento o criteri o indicazioni esterne di edificazione. Ciononostante le dimensioni (larghezza, profondità, numero per decimetro quadro) sono sempre uguali e perfette: 5,4 mm la larghezza delle celle per le operaie e 6,4 mm quelle dei fuchi e 400 nello spazio di un decimetro quadro. Modificare questo progetto significherebbe disarmonizzare l’intera natura. Null’altro più di questo fa pensare a una Energia o volere superiore senza il quale la vita non sarebbe possibile.
In natura tutto appare in modo autonomo e spontaneo, come la malattia quando colpisce d’improvviso. Nel tutto agisce questa Energia che pur estranea alla materia riesce ad animarla e modificarla. La Forza vitale non si vede, ma si manifesta come avviene con le forze di attrazione o di repulsione del magnete o di attrazione sui mari della luna; si vede l’effetto, ma non la causa.
Negli scritti ippocratici si legge: “I corpi degli uomini e di tutti gli animali si nutrono di tre cose: alimenti, bevande e forza vitale, la più potente forza di coesione e d’azione di tutto ciò che esiste. Essa si ritrova in tutto. L’intervallo immenso che separa la terra dal cielo è riempito di energia vitale eterica, la stessa che anima, spande il calore del Sole, muove la luna e gli astri. Essa è l’alimento del fuoco, anche l’acqua del mare la contiene; senza di essa gli animali acquatici non potrebbero vivere; è la forza che dà la vita agli uomini e che stabilisce le difese naturali nelle malattie.”
La Forza vitale non è un insieme di forze diverse ma è più semplicemente l’essenza della natura. La materia diventa vivente quando è presente e agisce in essa la Forza vitale, l’una non può essere senza l’altra.
La Forza vitale se non è materiale come le forze chimiche e fisiche, non può essere interpretata con criteri scientifici; non è neppure una forza soprannaturale come l’hanno intesa e intendono molti vitalisti; essa si riconosce più semplicemente come una “modalità dell’Energia universale” (Carton) poiché possiede un suo proprio peculiare principio: il Principio di vita.
La Forza vitale è dunque una forza autonoma e spontanea, autopoietica, ossia che “appartiene” a un sistema naturale di autocreazione (Hans Driensch, Il vitalismo, p.139).
Il Vitalismo
La fisica e la chimica da sole non spiegano la formazione organica. Questo appare evidente se si tiene conto che le forze materiali disponibili, di qualunque genere, singole o associate tra loro e per quanto evolute non riescono a creare una qualunque parte del corpo umano. Non c’è dubbio che si tratta di una constatazione opposta a certi altri modi di pensare in particolare di chi crede profondamente nelle possibilità della scienza o ambisce spiegare i fenomeni della vita con teorie meccanicistiche.
Tralasciando le tesi di parte teista o atea, Hans Driesch, biologo tedesco, in un suo interessantissimo saggio espone alcune sue “vedute intorno al problemi della vita”. Di fatto, studia i lineamenti storici specifici del vitalismo. Da questa percorso storico emergono le differenti concezioni vitalistiche.
Da una concezione meccanicistica positivista limitata alla struttura chimico-fisica dell’uomo, giunge a un vitalismo dinamico secondo il quale i processi vitali, nei processi biologici, risulterebbero orientati a scopi funzionali e spiegabili con la partecipazione di una forza immateriale.
Per giungere al compimento del fenomeno vitale necessita sendo H. Driesch una specie di “entelechia”, un termine che serve a “designare il principio vitale irriducibile alla causalità spaziale” (v. Vocabolario Treccani).
L’entelechia è spiegata da Driesch come una forza della natura o una tensione che possiede l’organismo di realizzare se stesso, non è materia e non opera nello spazio, ma in questo dimostra la sua efficacia realizzando la forma che dimostra il suo “fine stabilito”, la sua meta finale, il suo completo sviluppo.
Questa forza di rigenerazione si mostra “per esempio nel lombrico o in certi vermi d’acqua dolce. Qualora uno di questi vermi venga tagliato trasversalmente in qualunque punto della sua lunghezza, la porzione posteriore, crescendo in avanti, rifà, rigenera, la porzione anteriore, compreso il ganglio cerebrale” (op. cit. p. 256).
A questo esempio si possono aggiungerne altri d’appartenenza al mondo animale (tubularia, clavellina) e altri relativi al mondo vegetale come si osserva nella crescita e sviluppo delle piante da talee (Rosmarino) o da foglie (Begonie).
Indubbiamente la natura ha le sue finalità. Esiste dunque un “finalismo” che si può spiegare come una forza della natura. Il dizionario (op. cit.) lo precisa meglio: “La natura e il mondo sarebbero organizzati in vista di una o più finalità. Nei fenomeni biologici i processi vitali risulterebbero orientati a scopi funzionali e comunque non sarebbero spiegati con il caso o con il determinismo meccanicistico”.
Il finalismo si dimostra dunque nello sviluppo completo della forma, nell’ordine e funzione perfetta d’ogni cellula e conferisce a ciascun essere vivente la propria individualità e carattere.
Questa è la corrente di pensiero vitalista che va oltre all’aspetto biologico materiale poiché esalta la vita come Forza vitale e spirituale. Per questo il biologo tedesco, autore del libro Il Vitalismo, associa al “principio di finalità” la volontà divina.
“Il chimismo non sarà mai in grado di creare un occhio, un capello, o una foglia” precisa il chimico tedesco Justus von Liebig in Lettere chimiche (op. ct. p. 150).
Medicine naturali e Vitalismo
Sul finire del secolo XIX la gente ha iniziato a mostrare un vivo interesse alla corrente di pensiero vitalista degli idroterapisti, dei primi igienisti, della tedesca Lebenreform, della ripresa del vegetarianesimo.
In quegli anni si andavano a formare un po’ ovunque, gruppi di pressione d’interesse salutistico, a causa dell’inquinamento prodotto dallo sviluppo industriale nei paesi maggiormente industrializzati (Inghilterra, Germania, Francia). In questo modo è venuta a nascere in Europa una medicina empirica-naturista, preventiva e più tardi curativa basata su un’attenta alimentazione, l’impiego degli agenti naturali e di ogni altro mezzo o elemento disponibile in natura.
Le medicine non convenzionali o cosiddette alternative si basano tutte sulle forze della natura e che si riconoscono nell’antico aforisma Vis medicatris naturae.
Il disordine o lo squilibrio interno o esterno alla persona conduce alla malattia mentre invece, l’ordine e l’armonia giovano alla salute. Detto in altro modo, la malattia è interpretata come mancanza di energia vitale e la salute efficienza o presenza della stessa.
Nelle medicine alternative l’impiego del termine vitalismo se non è specificato di quale vitalismo si tratta, genera confusione.
L’uso improprio della parola fa perdere alla stessa il significato originario e spiega i contenuti nei modi più diversi. Ecco dunque che la forza vitale può diventare vitalismo e viceversa. Parimenti avviene con medicina naturale e medicina olistica, alimento biologico, organico o biodinamico, igiene naturale con discipline igienistiche naturali, naturopatia e naturoigienismo, naturismo e naturalismo. Conseguentemente è inevitabile che tutto questo cambia anche le figure degli addetti: il naturopata diventa igienista, medico, naturalista, idroterapista o altro. Viceversa il medico diventa naturopata, omeopata, nutrizionista. Ognuno diventa e si fa conoscere per ciò che più gli conviene. Se poi si aggiunge anche, come accade, il riconoscimento di nuove e continue figure “professionali”, autoincensamenti, proclami, sistemi di cura e pseudoscoperte di erbe o rimedi miracolosi, la confusione diventa vera ciarlataneria. Del resto, in un mondo lasciato a se stesso, senza regole, tutto è possibile.
Tornando al nostro argomento, Natura e Vita sono termini o radici di parole che esprimono ancora in modo preciso, inequivocabile, il loro significato. Così la parola vitalismo porta con sé un principio di movimento che induce a pensare all’associazione tra forze vitali e forze fisiche universali; di conseguenza è difficile riconoscere la differenza tra un vitalismo statico che segue le leggi materiali dell’universo spiegabili dall’evoluzionista, a un vitalismo dinamico segnato da una componente immateriale.
Si deduce quindi che quando si interviene con la sola materia o sostanza fisico-chimica ci si attiene al meccanicismo statico o positivista; operando invece con sostanze naturali, integre, incontaminate, ancora portatrici della loro parte immateriale l’azione che si viene a compiere è propria della dottrina vitalista definita da Driesch, dinamica poiché lo spirito agisce nella materia.
I problemi dell’Energia vitale e del Vitalismo sono stati analizzati in tempi e modi diversi da biologi, filosofi, antropologi e medici. Claude Bernard, noto fisiologo francese, al posto di forza vitale preferiva impiegare “adattamento vitale”, questo per raffigurare una “sintesi biochimica organizzatrice” e precisava: “ Noi ci stacchiamo dai vitalisti, perché la Forza vitale, comunque la si voglia chiamare non potrebbe far nulla da sola, non essendo in grado di operare se non mediante le forze generali della natura, incapace com’è di manifestarsi senza l’aiuto di quelle. Ma ci stacchiamo parimenti dai materialisti, poiché, … queste condizioni non avrebbero la facoltà d’aggruppare e di disporre armonicamente i fenomeni in quell’ordine e in quella successione che essi manifestano negli esseri viventi. […] La Forza vitale dirige dei fenomeni, che non produce: gli agenti fisici producono dei fenomeni, ma non li dirigono” (C. Bernard, Lezioni sui fenomeni della vita, Lezione I, p. 62).
Alexandre Salmanoff, medico russo, espresse lo stesso concetto in altro modo: “Se si esaminano senza partito preso i processi vitali dell’organismo umano, con le sue rapidissime reazioni biochimiche, con la sua emodinamica adattata, calcolata, prestabilita e regolata, con i suoi numerosi fenomeni di diffusione e di osmosi, con le sue oscillazioni dell’equilibrio acido-basico, con la sua respirazione cellulare, con i suoi riflessi incessanti, con la sua regolazione corticale, e se, nello stesso tempo, ci si rende conto della costante fisicochimica del protoplasma vivente, noi siano obbligati ad accettare il finalismo e il vitalismo, benché quasi tutti i biologi e fisiologi rifiutino questa concezione come chimerica” (Salmanoff, Segreti e saggezza del corpo, p. 24).
Samuel Hahnemann, medico tedesco fondatore della medicina omeopatica, soffermandosi a considerare la Forza vitale conclude definendola una forza spirituale che vivifica il corpo umano e dunque, la malattia può essere intesa come l’alterazione di questa Forza spirituale.
Le riflessioni di questi studiosi presentano il principio della vita non isolato dalla materia, ma che agisce attraverso la materia. Da qui emerge l’importanza di assecondare e attenersi alla triade umana nella sua complessità (materia, mente e spirito).
Resta da dire che per dar modo alla forza vitale di agire e organizzare le difese e il mantenimento dell’organismo, è indispensabile che essa si trovi in un terreno sano, armonioso, nella materia e nello spirito come vuole il vitalismo lezaetiano: un misto tra scienza, empirismo e spiritualità.
Armido Chiomento
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