Ci risiamo
Da più parti sento dire che presto avremo a che fare con un’altra epidemia e come in passato il percorso della diffusione sarà lo stesso, dall’Asia all’Europa. Notizia vera o psicosi? Non si sa. Il responsabile in questo caso sarebbe la marmotta, un roditore che ricorda il topo della peste nera bubbonica. Ancora una volta il virus sembra essere passato dall’animale a un pastore della Mongolia attraverso il cibo.
Il disorientamento e lo scoramento della gente sono comprensibili. Fatti disastrosi, guerre, stragi, migrazioni di popoli, alluvioni, terremoti ed epidemie si susseguono causando distruzioni e morti ovunque. In alcuni momenti si ha la sensazione che stiano per avverarsi le profezie bibliche. Gli antropologi ricordano addirittura le cinque estinzioni di massa, in particolare l’ultima avvenuta 65 milioni di anni fa, attribuita a un gigantesco meteorite che al suo impatto sulla terra causò l’oscuramento totale e l’estinzione dei dinosauri.
Attualmente la scienza ritiene vicina una prossima estinzione, che avverrà per colpa dell’uomo. Il riscaldamento globale, l’inquinamento, e le alte concentrazioni di popoli sono anche fattori possibili, ma in ogni caso sempre dovute all’umanità.
Non meraviglia dunque se al verificarsi di una epidemia o di altri eventi disastrosi la gente avverte angoscia e paura.
Cibo e salute
Gli allevamenti intensivi, l’alimentazione forzata e medicata e l’immobilismo degli animali ammalano le loro carni. Per l’uomo l’alimentazione carnea è divenuta ormai un rischio reale per la sua salute.
Diversamente dai carboidrati digeriti per via fermentativa, la digestione delle proteine si completa nell’intestino in modo putrefattivo sviluppando corpi tossici (indolo, creosolo, scatolo, ecc.) i quali giunti al fegato vengono ossidati, trasformati ed eliminati attraverso il sangue e le urine. I germi della putrefazione collaborano indubbiamente alla denaturazione della proteina, ma altrettanto inevitabilmente producono sostanze tossiche che devono poi essere eliminate.
I batteri e i virus, essendo incontrollabili, in alcuni casi passano facilmente da una specie animale all’altra e arrivano all’uomo.
Evidente è dunque l’importanza della salubrità dell’alimento. Le carni dell’animale debole, ammalato o medicato non possono conseguentemente essere sane.
Di questi tempi l’alimentazione carnea o onnivora ricca di cibo adulterato, devitalizzato o morto non solo è sconveniente, ma addirittura pericolosa.
Di recente ho letto nella rivista torinese Infonaturista edita dall’UNI (Unione Naturisti Italiani) alcune interessanti considerazioni sulle diete onnivore e vegetariane e dei loro rapporti con l’etica naturista. Il giornalista Pino Fiorella ha ricordato tre principali motivi che associano il vegetarismo al naturismo: il primo è di natura etica, perché il consumo di carne comporta l’uccisione dell’animale e le inevitabili sofferenze dell’allevamento. Il secondo di tipo salutista, perché la carne troppo spesso è responsabile di malattie e tumori. Il terzo motivo è spiegato invece con lo spreco di risorse (energia, acqua, produzioni agricole per l’allevamento) e il relativo inquinamento dell’ambiente.
L’autore prima di addentrarsi nell’argomento considera l’epidemia da Coronavirus ancora in atto e non trascura le altre passate di recente (aviaria, peste suina e mucca pazza) che hanno causato malattie all’animale e all’uomo e degenerazioni agli animali interessati.
Giustamente chi ha un regime alimentare carnivoro dovrebbe conoscere i rischi ai quali può incorrere assumendo questo suo cibo preferito. Ciò non basta a tranquillizzare il vegetariano perché anche il cibo vegetale può essere coltivato con sostanze teratogene o devitalizzato con la cottura. Non dimentichiamo il vecchio detto: La vita si mantiene con la vita, un aforisma che ingloba i migliori concetti.
L’alimento vegetale è indubbiamente più salutare di quello animale e la dieta mediterranea prevalentemente vegetariana lo conferma.
Negli anni cinquanta, dopo il secondo conflitto mondiale, il modernismo americano ha influito notevolmente sul cambiamento delle abitudini di vita e alimentari degli europei e nostre italiane. Lo stile alimentare vegetariano-mediterraneo “Italian style” ha dovuto cedere a favore del cibo raffinato e carneo; in pratica a un’alimentazione raffinata, devitalizzata e devitalizzante, ricca in costo, ma povera di nutrimento.
Con questa nuova alimentazione il panorama salutistico italiano cambiava e aumentavano i casi di alcune malattie: ipertensione, malattie cardiovascolari, metaboliche, diabete, obesità e tumori. Il problema riguardava soprattutto l’eccessiva assunzione di grassi e di cibo raffinato; malattie ancora abbondantemente diffuse e attribuite in modo inequivocabile alla qualità del benessere raggiunto dalle società industriali occidentali.
Oggi, forse per reazione a certi comportamenti dietetici o di moda, si tende a rifugiarsi nella dieta vegana con scelte di cibo vegetale cotto e stracotto, devitalizzato, insano, privo d’ogni significato nutritivo oppure in altre cosiddette “libere” che hanno lo scopo di soddisfare ogni esigenza.
La moderazione resta comunque la via che accontenta onnivori, frugivori, carnivori e vegetariani e mette al riparo da facili inquinamenti e da contaminazioni epidemiche.
Un soccorso dall’anatomia
Da un prospetto di anatomia animale comparata, appare chiaro che l’apparato digerente dell’uomo e la morfologia di alcune sue parti rassomigliano a quelle dell’animale frugivoro. Infatti, entrambi i soggetti (uomo e animale frugivoro) mostrano mani e piedi uguali, molari e unghie appiattite, ghiandole salivari ben sviluppate, pelle disseminata di pori, stomaco con duodeno e un’uguale formazione del colon.
Diversamente il carnivoro si distingue dalle specie precedenti per avere un intestino corto, il colon liscio, saliva e urina acida, molari appuntiti e artigli.
Le caratteristiche anatomiche rivelano dunque le particolari differenze dei soggetti, compreso il cibo preferito.
Chi ama la ricerca può trovare conferma nelle reazioni chimiche prodotte dall’elaborazione digestiva e dal ph dei diversi tratti frapposti tra bocca e ano.
Le digestioni meccanica e chimica riconoscono il cibo più adatto all’uomo e come alimento di base quello vegetale (foglie, frutti, semi e cereali) e di supporto, occasionale o per adattamento, quello animale.
Nel caso dell’animale carnivoro l’associazione è facile e intuitiva: il suo alimento base è la carne allo stato integro, con sangue e ossa per compensare il ph.
Di conseguenza il carnivoro per non ammalarsi non può vivere mangiando frutta e verdura né il ruminante erbivoro mangiando carni; se così non fosse si ammalerebbero, ognuno a suo modo: il carnivoro di infiammazioni croniche intestinali, l’erbivoro di malattie neurodegenerative e l’uomo quando eccede con le carni o proteine animali, di tumore.
Dieta e salute
In tutti i casi meglio sarebbe personalizzare la dieta tenendo conto se si è sani o malati e il tipo di occupazione. Ogni essere in natura è unico e irripetibile, ognuno è diverso dall’altro. Arnold Ehret, ideatore della dieta senza muco, si nutriva di sola frutta, verdure e digiuni. Io stesso da ormai cinquant’anni non assumo né carni di pesce né di altri animali, ma questi casi non sono da imitare, non dimostrano una regola comportamentale sicura. Ognuno ha delle ragioni che lo giustificano. Altrettanto poco attendibili sono le diete libere riprese soprattutto per compensare i problemi più intimi della persona (ansie e depressioni).
In Italia l’abuso di carne nella dieta è iniziato nel dopoguerra, quando ancora era diffuso il timore della fame e si esaltava l’importanza nutrizionale della proteina e della vitamina B12. Fortunatamente il problema oggi non è più questo; o meglio, non dipende dalla mancanza di cibo, ma piuttosto dalla conoscenza. La dose proteica giornaliera consigliata all’adulto è di circa 1 grammo per chilo di peso corporeo e secondo uno studio della FAO la metà, 0,5 g per chilo di peso corporeo; non molto diversi sono i risultati di altri studi, 0,6-0,7 g/kg. A semplice titolo conoscitivo: 100 g di carne magra di bue corrispondono a circa 19-20 g di sostanza proteica.
Pienamente condivisibile è la preoccupazione del giornalista Fiorella sull’attenzione da porre da parte vegetariana ai valori della vitamina B12; solo nel caso di diete equilibrate, semplici, sane e non stravaganti, il problema cessa di esistere.
Naturismo nudista e nudismo naturista
Riprendendo i temi della rivista citata sopra, si vede riproposta la domanda cos’è o cosa non è naturismo, un argomento vecchio, dibattuto fin dagli inizi della rivoluzione industriale da igienisti e gimnosofi, intellettuali e filosofi. Nonostante il passare del tempo il dibattito continua. In pratica, all’interno di questo variegato movimento sembra che tutti gli addetti vogliano appropriarsi del termine “natura” (come avviene nel commercio) fornendo una loro personale interpretazione.
A calmare gli animi e a risolvere questo strano dilemma non aiutano le definizioni riportate nei vari dizionari della lingua italiana e, a quanto pare, si è dimenticato il lungo dibattito che c’è stato tra Daniele Agnoli e Nico Valerio verso la fine degli anni Settanta, considerato già allora ampio ed esauriente.
Anche le definizioni che conosciamo pubblicate nelle riviste e circolari associative evidentemente non sembrano abbastanza convincenti.
Non mi dispiace mettere al corrente il lettore di queste diatribe sull’importanza e l’interesse che hanno queste per questi piccoli gruppi di persone.
Personalmente, avendo conosciuto il movimento naturista dall’interno e oggi come appare dall’esterno, vedo un insieme di anime diverse (nudista, ambientalista, animalista, salutista, igienista, vacanziera, idealista) accumunate tra loro dalla pratica nudista.
Il soggetto che pratica questa espressione in modo libero, rispettoso dell’altro e amante della natura, a qualunque nazionalità appartenga è decisamente un naturista; altrettanto vero è che chi segue il mondo della natura e vive la nudità in modo naturale all’esterno o all’interno dei centri organizzati, possa ritenersi indifferentemente nudista o naturista.
Se non ci lasciamo travolgere da ragionamenti troppo sofisticati, filosofici o intellettuali la descrizione più adeguata di queste due figure (nudista e naturista) contempla un ritorno alla vita semplice, spontanea nel vestire, essenziale e semplice nel mangiare come suggerisce la natura.
Nudismo e naturismo si esauriscono a vicenda poiché si dimostrano esclusivamente nella pratica, molto meno con la parola (v. Armido Chiomento, La semplicità perduta, Archio edizioni).
Oggi se dovessi riprendere la mia sintesi naturista, riportata da Agnoli nella sua rivista Naturismo (2/78) aggiungerei il concetto di libertà. Non si può essere naturisti se non si è liberi; ma sia chiaro, di una libertà che riconosce i suoi confini. La nudità dell’uno deve rispettare il pudore dell’altro; esattamente come il vegetariano e il carnivoro che rilevano a modo loro i rischi che le due discipline incontrano, senza ostacoli o proibizioni.
Dunque, tolleranza e coerenza. Una tolleranza avvertita come solidarietà, comprensione umana; coerenza per non ostacolare il nostro individuale sviluppo umano.
Essere naturisti liberi non significa libertà di gozzovigliare, fumare, assumere droghe, comportamenti irrispettosi o altro di simile: questo è estraneo al naturismo. La libertà che intendo sta nell’apprezzare, gustare, partecipare a ciò che la natura umana e ambientale offre e invita: vivande, contemplazione, bellezza, amicizia, arte e tutto ciò che i sensi permettono di percepire.
Ci sono vegetariani che non possono qualificarsi naturisti perché vivono lontani dalla natura, non sentono le sue armonie mentre ci sono altre persone che per cultura o tradizione rispettano e amano profondamente la natura ambientale e umana.
In un periodo come l’attuale sconvolto da un’epidemia particolarmente disastrosa, la consapevolezza naturista e i comportamenti conseguenti sono a mio avviso il miglior antidoto al degrado umano, sociale, civile ed economico al quale stiamo assistendo.
La consapevolezza naturista non viene dalla nudità, né dai modi di mangiare e tantomeno da teorie contorte o artefatte.
I fatti odierni impongono un deciso cambiamento che si spiega con il ritorno alla vita semplice e frugale. Oggi è il tempo della solidarietà, di abbandonare l’ipocrisia, della riconquista della dignità intrisa di valori umani.
Il progresso dell’uomo non procede con il denaro, ma con l’amore per la vita. Smettiamo di pavoneggiarci di straordinarie e grandi conquiste fintanto che popolazioni intere muoiono di fame.
L’uomo moderno, ricco e consumista deve convincersi che anche la sua vita è cambiata, che non sarà più quella di prima.
È tempo di spogliarsi della zavorra che da troppo tempo opprime la mente e offusca la vista impedendo il ritorno alla semplicità e moralità umana.
Questo è il cambiamento che assegna a ognuno di noi la patente di naturista, che dà la misura del nostro valore umano. Non era forse questo il programma degli igienisti o naturisti originari?
Le definizioni non cambiano la vita. Solo i cambiamenti delle persone sono in grado di cambiare il corso del vivere umano.
armidochiomento@gmail.com