COSI’ (SE NE ) VA IL MONDO

 

Alla ricerca del male
In Natura tutto è ritmo. Alla luce del giorno segue il buio della notte, al caldo il freddo, alla fioritura di primavera il caldo dell’estate. Tutto questo fino a quando non interviene l’uomo.
L’uomo è un animale divenuto intelligente con la sua evoluzione; è capace di intendere, è razionale, conosce, sa argomentare, difendersi e offendere quando ritiene opportuno; è capace di provvedere ai suoi bisogni fisici e intellettuali, sa andare sulla luna e su altri pianeti; riesce far crescere i pomodori d’inverno e mangiare ciliegie tutto l’anno. Ha un suo modo di confrontarsi con la Natura e dominarla.
Cose straordinarie che rendono l’uomo grande e lo fa sentire sempre vincitore.
Spesso però scambia l’immaginazione con la realtà; si riconosce nei casi di alluvioni e terremoti, nei sconquassamenti climatici o come oggi nel caso del Coronavirus o COVID-2019 particolarmente capace di infettare l’uomo.
La natura si voglia o no ha preso in questi casi la sua rivincita, non però per castigare l’uomo ma soltanto per riportarsi ai suoi equilibri.
Il coronavirus è solo l’ultima delle sorprese che disturbano la vita degli umani. Non bastano le guerre, le distruzioni del territorio, le conseguenze dei processi immigratori e i crimini che caratterizzano tristemente la vita, ora l’uomo ha scoperto anche l’esistenza dei virus, particelle submicroscopiche che nonostante la loro piccolissima dimensione riescono procurare all’uomo malattie e danni economici fino anche a fermare l’intero pianeta.
Quando la terra ospitava poche persone questi fatti non accadevano o solo raramente. Negli anni sessanta-settanta del secolo scorso solo pochi illuminati pensavano che episodi come quelli odierni potessero accadere.
Il nostro pianeta terra per la quantità di risorse naturali che può offrire, l’evolversi dei processi industriali, l’inquinamento, la disponibilità di cibo e soprattutto l’incremento della popolazione e del conseguente urbanesimo sembra giunto al limite. È un pianeta finito, nel senso che queste variabili non possono continuare all’infinito.
All’anno 1 d.C. si contavano al mondo 200 milioni di abitanti, nell’anno 1000 erano il doppio e nei primi anni del secolo scorso gli abitanti della terra hanno raggiunto il miliardo. Una crescita esponenziale che prosegue ancora oggi con una popolazione di 7 miliardi e 300 milioni. Un incremento che non è privo di significato se si mette in relazione all’epidemia in corso, quanto l’influenza dell’egoismo umano.
La distribuzione della ricchezza è visibile a tutti: Il 25% degli abitanti dei paesi in via di sviluppo (circa 1,5 miliardi di individui) vive con meno di 1 euro/giorno.
Ancora cinquant’anni fa nei pesi d’Africa 260 bambini su mille morivano per denutrizione nel primo anno di età; in India 140 su 1000; in Columbia 82 su 1000. Oggi le cose sono cambiate, ma non abbastanza. In Somalia ancora oggi i bambini che muoiono nel primo anno di vita sono 93 su mille nati, in Nigeria 63, in Columbia 10.9, nello Sri Lanka 8,6.
Oggi al mondo vivono 26 ultramiliardari (erano 43 nel 2017) e possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione.
In un mondo così strutturato non c’è posto per tutti. Mettere da parte gli approfittatori e sfruttatori potrebbe bastare per risollevare le sorti dei più. Ci si priverebbe certo di tutte quelle cose che oggi appaiono indispensabili, ma si vivrebbe tutti in modo più sano e sereno.
Troppe parole e nessun costrutto dice Greta Thunberg, l’attivista svedese che tutti conosciamo.
Molto saggio è stato l’avvertimento del Segretario generale dell’ONU Sithu U Thant (anno 1969) rivolto a tutte le nazioni del mondo: “Non vorrei essere troppo catastrofico, ma dalle informazioni di cui posso disporre come segretario generale si trae una sola conclusione: i paesi membri dell’ONU hanno a disposizione a malapena dieci anni per accantonare le propri dispute e impegnarsi in un programma globale di arresto alla corsa degli armamenti, di risanamento dell’ambiente, di controllo dell’esplosione demografica, orientando i propri sforzi verso la problematica dello sviluppo. In caso contrario, c’è da temere che i problemi menzionasti avranno raggiunto, entro il prossimo decennio, dimensioni tali di porli al di fuori di ogni nostra capacità di controllo”. Un avvertimento che oggi si può dire con assoluta certezza, rimasto inascoltato.

Il COVID-19 cosa c’entra con tutto questo?
Le scienze e le tecnologie hanno scoperto e studiato la natura dalla quale hanno ricavato le leggi dello sviluppo economico, gli impulsi alla prosperità e al benessere, ma allo stesso tempo è subentrata la crisi dei valori e di altri fattori involutivi.
L’uomo ha realizzato il suo progresso ma contemporaneamente ha posto le basi della sua distruzione. È diventato forte, ma nello stesso tempo più debole e impotente. Ha generato ricchezza e nello stesso tempo più povertà, una povertà che ora non riesce più a eliminare. Il divario tra la sete di avere e il desiderio dell’essere è aumentato in modo smisurato.
L’uomo non ha più orientamento, si è perso nei disordini della mente per colpa del caos della vita e del quale lui stesso è protagonista.
Dei morte e dei tanti malati il coronavirus non ha colpe, semmai la responsabilità è dell’uomo che lo ha generato. I microrganismi non sono dei nemici anzi, molti di loro sono i nostri soldatini di difesa che ci proteggono e rendono possibile la vita, dunque sono indispensabili; se ci ammaliamo è perché hanno perso la battaglia, hanno subito una sconfitta, oppure perché non erano sufficienti o presenti. Gli eccessi di pulizia a volte possono guastare perché li distruggono e possono rendere inutili i soccorsi con prebiotici. Certo: i batteri sono una cosa e i virus un’altra.
I virus sono organismi biologici visibili solo al microscopio elettronico, di dimensione submicroscopica e sono privi di un loro metabolismo. La biologia descrive la particella virale inattiva, al limite tra l’animato e l’inanimato fino a quando non entra in contatto con la cellula ospite. Entrato nella cellula il virus risuscita e sfrutta i meccanismi cellulari per il suo tornaconto, ossia prende il controllo del metabolismo e lo dirige ai propri fini.
Infine, il microrganismo si riproduce esclusivamente all’interno della cellula fino a quando la collassa rilasciando nell’ambiente nuovi virus potenzialmente patogeni, ossia portatori di malattia al contagio con ogni altro essere vivente.
Meglio sarebbe dunque non incontrarlo, ma purtroppo nella vita quando capita si è obbligati a confrontarci anche con chi non lo vorrebbe.
Oggi, non solo in Italia, ma ormai mezzo mondo (sicuramente tutti i paesi europei) vive con il timore del contagio da Coronavirus o SARS-COV-2 dal quale tutti i cittadini per non essere soprafatti dall’ansia e dalla paura cercano di starsene lontani.

Cosa fare
Le infezioni da coronavirus, informa il nostro Ministero della Salute, causano “sintomi che includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte”.
I casi più comuni sembrano essere il naso (seni paranasali), mal di gola, tosse e febbre. Nei casi più gravi invece colpisce i bronchi e i polmoni, più facilmente le persone già malandate, vecchie o che hanno preferito alla vita sana una vita dissipata, balorda o di vizi. Non è questa una semplice opinione personale poiché lo stesso Ministero della Salute afferma che il rischio maggiore interessa proprio le persone anziane, i soggetti malati di cuore o con un sistema immunitario debole.
Per sapere cosa fare o come difenderci da questo pericoloso intruso bisognerebbe sapere come si è formato, da dove viene e come riesce a entrare nel nostro organismo. Una causa deve pur esserci, ma ancora non sembra sia stata trovata. Alcuni scienziati affermano che possa venire da una specie di pipistrelli che vive in Cina, come è stato visto nelle due epidemie influenzali precedenti: la SARS (Sindrome Acuta Respiratoria Grave) del 2002-2003 e la MERS (Sindrome Respiratoria Medio-Orientale) del 2012-2013) non direttamente però, ma tramite un altro animale (nel caso nostro specifico sembrerebbe trattarsi di un particolare serpente venduto come cibo umano al mercato di Wuhan, città della Cina).
Il coronavirus di oggi mi ricorda le esperienze compiute dal gruppo di ricerca di Christopher H. Andrewes, uno dei tre scienziati che per primi hanno isolato il virus dell’influenza. Il Centro ricerche di Salisbury ha funzionato per 40 anni prima che il suo direttore ordinasse la chiusura (1990) per non essere riuscito a scoprire le cause del raffreddore. Anche nei virus di questo fastidioso disturbo sembra esserci un legame con i pipistrelli.
Nel caso nostro italiano per l’invasione di coronavirus i governanti, diretti dagli organismi competenti, hanno fatto sapere ai cittadini cosa fare.
Per contenere o fermare la diffusione del virus sono stati indicati un insieme di comportamenti ritenuti assai validi per contrastare l’epidemia: frequente lavaggio delle mani, proteggersi la bocca nei casi di tosse e starnuti, evitare i contatti tra persone, isolarsi se si è malati, portare la mascherina se la distanza si riduce a meno di un metro, adoperare fazzolettini di carta usa-getta e soprattutto rimanere a casa e mantenere protette le prime vie respiratorie (naso e bocca) specie nelle località dove l’infezione è presente.

Conservare la salute è meglio che curare
L’esperienza del coronavirus ha messo in chiara evidenza la qualità della vita, la precaria condizione umana, la fragilità dell’uomo contemporaneamente le miserie e i limiti dei politici, imperterriti nell’affermare con sfacciata disinvoltura le loro idee di sviluppo senza parlare di lavoro, emarginati, dei sempre più ricconi che diminuiscono e dei sempre più poveri che aumentano.
Perché darci meraviglia quando si vive nell’ingiustizia sociale, quando l’arroganza diventa potere, si tollera l’ambizioso senza scrupoli o chi riesce a far promuovere leggi per i suoi tornaconti, quando si favorisce una burocrazia di comodo e si difendono istituzioni inutili, circoli e club che guastano il buon vivere sociale, sano e collaborativo.
Queste riflessioni portano acqua all’argomento di questi giorni.
Ubbidiamo senza esitazione e con scrupolosità ai decreti governativi, ma ora e in futuro cerchiamo comportamenti di vita e tali che una simile contagiosità non debba ripetersi.
Conservare la salute e guarire dalle malattie è il problema che la medicina si è posto fin dalla sua origine e del quale cerca ancor oggi la risoluzione scientifica, così scrive Claude Bernard nell’Introduzione allo studio della medicina sperimentale.
Proviamo tornare alle semplici idee primitive, a quando ci si accontentava di poco e si era davvero felici; al contrario di oggi che pur avendo molto si vuole ancora di più per arrivare a essere ancor più infelici.
Certo, un tempo si era in pochi. Le civiltà nei secoli hanno subito dei gravi sconvolgimenti e miserie ed è per questo che l’uomo oggi è diventato accaparratore, vuole tutto e subito per lui e solo ciò che gli resta, mette a disposizione per gli altri. Qualcuno nelle piazze sostituisce chi resta con gli italiani come se gli altri abitanti del mondo non contassero nulla o non siano persone. Il diritto di cittadinanza e di vita non è un diritto esclusivo di pochi fortunati.
Le malattie nascono anche dagli egoismi; nascono in noi quando lo vogliamo, con i nostri disordini di vita e di nutrizione, con la nostra voglia di accaparrare.
I microbi diventano patogeni nella putrefazione della materia organica; questo è il loro ambiente di sviluppo e crescita e di questa stessa materia putrefatta si nutrono. L’uomo con raffinatezza definisce una buona parte del suo cibo: “spazzatura”, ma non lo collega alla sporcizia. In questa affonda le sue radici, trova il suo nutrimento e i piaceri della vita.
Le radici della pianta invece, con calma e senza troppi clamorosi e inutili fragori trova nel terreno tutte le sostanze elaborate dai nostri amici microbi per sé e per noi umani. Essa non conosce egoismi. L’uomo però non la sente sufficientemente amica, preferisce ben altro: non cibo vivo che dà la vita, ma cibo che guasta e ammala. L’uomo moderno e ricco ha i suoi mercati, dove trova di tutto: carni di maiale, di bue, pesce e volatili, carni trattate, additivate, colorate e manipolate in mille modi; sa dove acquistare rane, lumache, budella, ora anche serpenti e pipistrelli.
Quando siamo ammalati proviamo a rinfrescare le viscere dove avviene la digestione e scaldare la pelle, esattamente come insegnavano i vecchi naturalisti. Si favorirà una migliore fluidificazione del sangue, la migliore temperatura per la vita microrganica dell’organismo.
Nutrendoci con cibi sani, freschi, non manipolati ed evitando le lunghe cotture si sfrutta l’intera complessità nutritiva dei cibi.
Tutto questo senza fanatismi o esagerazioni perché il troppo fa sempre male. Questo è il modo di provare il piacere di una nuova vita e di ritrovare le gioie dell’animo lontano da coronavirus e altri intrusi. // ac

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